Mercoledì 21 aprile 2021 si è tenuta la quarta lezione del corso “Progettazione accessibile” organizzato da CRABA, Centro Regionale per l’Accessibilità e il Benessere Ambientale con la collaborazione di CLEBA, il Comitato Lodigiano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche e del Comitato Zero Barriere di Crema. La lezione è stata rivolta ai PEBA, i Piani per l’Abbattimento delle Barriere Architettoniche che, come ricordato dall’arch. Armando De Salvatore, direttore del Corso e del CRABA, costituiscono un prezioso ma inapplicato strumento urbanistico diventato obbligatorio e previsto, oltre che dalla legislazione nazionale, dalle disposizioni regionali che, in Lombardia, prevedono per tutti i Comuni l’accantonamento del 10% degli oneri di urbanizzazione proprio per la redazione di questi Piani. Tuttavia l’arch. De Salvatore ha evidenziato il dato sconcertante dell’indagine ANCI, nella quale risulta che il 94% dei comuni lombardi è senza un PEBA, nonostante siano passati oramai vent’anni dall’emanazione dell’obbligo. Ma i dati negativi non si fermano qui: in quell’esiguo 6% in realtà pochi sono i Comuni che hanno portato a termine la pianificazione e ancor meno quelli che l’hanno attuato concretamente.
“È un quadro preoccupante” afferma l’arch. Giovanni Barin di CLEBA Lodi, “che, casomai ce ne fosse bisogno, conferma la nostra insufficiente educazione alla convivenza civile; è una vera e propria discriminazione che, oltretutto, ricadrà prima o poi su tutti nel momento in cui si diventa anziani o con qualche fragilità. Serve un deciso cambio di passo, un impulso che deve arrivare innanzitutto dalle amministrazioni comunali. Noi che facciamo parte delle associazioni che lavorano con la disabilità abbiamo fatto, in questi anni, iniziative di ogni genere per sensibilizzare sulla necessità di una qualità diffusa del benessere ambientale, investendo anche risorse non certo indifferenti. Certo continueremo, ma adesso sono i nostri amministratori che devono prendere l’iniziativa. D’altro canto Regione Lombardia ha fatto un importante primo passo che non può restare ignorato proprio da chi ha l’obbligo di investire nella qualità urbana.”
L’arch. De Salvatore ha infatti richiamato il recente
stanziamento dello scorso dicembre di un milione di euro per l’elaborazione dei
PEBA a favore dei comuni lombardi con meno di cinquemila abitanti; ma anche la
prossima costituzione di un registro dei PEBA quale supporto per i comuni di piccole
e medie dimensioni per affrontare questo percorso in grado di generare o
ri-generare la qualità delle città.
Come affermato dal primo relatore della lezione,
l’architetto Iginio Rossi, "dentro la città c'è la vitalità che si
manifesta in una sorta di “stanze senza tetto” formate via via nella storia
della città; nella capacità di generare la convivenza e la qualità della vita
che vede le persone al centro del rapporto funzioni-relazione-stratificazione".
Ma la città ha un cambiamento continuo che ci segue senza quasi accorgersene.
Diventa fondamentale osservare i cambiamenti per capire come avviene la
metamorfosi della città. Nelle tante modalità di intervento per ricucire le
trame urbane sfilacciate nel cambiamento, l'esame delle barriere esistenti
misura la qualità della vita nella prospettiva per tutti, interessando tutte le
variabili integrate che lo compongono.
Il PEBA è quindi un'occasione di rilancio della qualità del
territorio, che coinvolge trasversalmente tutti gli assessorati e le funzioni
cittadine. È un Piano che va oltre la logica dei confini tipica della
pianificazione che non rivitalizza la città, e che, invece, include nella
partecipazione della città i suoi cittadini. Il PEBA rappresenta perciò, più che
un "piano", un approccio culturale che utilizza strumenti che vedono
nella rigenerazione urbana la strategia per offrire alle persone sicurezza,
qualità, vivibilità.
È un processo di Governo del territorio che coinvolge la rete dei saperi presente in ogni luogo; che risolve la mancanza di sistematicità e la frammentarietà che contraddistingue sempre di più le città italiane. D'altro canto, questa pianificazione ha lo scopo di coinvolgere in un ciclo continuo le persone, che sono la vita delle città, che è fatta di connessioni che sono alla base dell'inclusione; e l'inclusione è l'elemento che libera le menti delle persone. Questo schema che si può ripetere all'infinito è alla base del progetto coordinato da Iginio Rossi e da INU "Città accessibili a tutti".
Il secondo relatore, Leris Fantini, afferma che è necessario
"progettare per le persone, non per le norme" per tendere a una
progettazione per le persone a partire dalla relazione con quelle più fragili.
Bisogna però abbattere vecchie abitudini, approcciando il PEBA con una logica
di sistema, pena l'elaborazione di un piano inattuato e inattuabile.
L’arch. Fantini ha una vasta esperienza nei PEBA: nel suo intervento ha citato una serie di esempi di pianificazione nei quali il PEBA diventa il punto di
partenza con un nuovo approccio culturale oltre che di lavoro che porta allo
sviluppo dei Piani dell'Accessibilità Urbana.
Ma è necessario creare nel tempo una cultura, una coscienza
che entra nel DNA delle persone, dal cittadino al progettista, che porta
risultati dentro uno schema di risorse. Serve in primis intervenire sugli
strumenti che già esistono nelle città, nei piani regolatori già approvati, che
vengono affiancati dall'articolazione del PEBA che ne definisce il dettaglio
per l'accessibilità degli interventi.
La Legge 104/92 torna ad essere la pietra angolare anche per
la progettazione senza essere invece quella norma conosciuta dai molti solo per
il "permesso". A quasi trent’anni dalla sua ideazione, è molto di più
e va studiata a fondo anche per cogliere tutti quegli stimoli ad una
progettazione e pianificazione di qualità.
Dalla relazione dell’arch. Fantini emerge come non sia solo una mera questione di investimento finanziario quel che determina la successione degli stralci e degli interventi per ottenere realtà accessibili; può
anche essere legata alla manutenzione ordinaria e straordinaria che ogni giorno
viene effettuata nella città, che viene inclusa nei processi di gestione della
città. Valutare ogni intervento nella prospettiva della vivibilità e
accessibilità deve diventare un processo normale per ogni tecnico della
pubblica amministrazione. E dove l'accessibilità viene studiata e compiuta c'è
anche sicurezza.
Nel suo intervento l'arch. Fantini ha mostrato come la
pianificazione si avvalga ormai di strumenti informatici avanzati, ad es. nel
modello gestionale di Verona con schede tipologiche per ogni intervento che
riguarda sia elementi urbani che edifici. Oppure con l'esempio di Ferrara o di
Vicenza. A tutto vantaggio della flessibilità e immediatezza di una
pianificazione che, nella sua elevata complessità, diventa elemento prioritario
per la fruibilità dei contenuti da parte dei tecnici e progettisti.
“Osservando la rete pedonale accessibile della città di Brescia con gli oltre trenta stralci che progressivamente sono stati attuati, afferma l’arch. Wojciechowski del CLEBA, si scopre come in una città quale anche la città di Lodi urga una programmazione nuova. Lodi deve investire in modo significativo sull'accessibilità con un cronoprogramma pluriennale sia a breve che lungo termine. Con obiettivi condivisi e controllati, con interventi che possano iniziare prima possibile.”
In definitiva, il PEBA non è un piano limitato alle barriere, e non riguarda certo "solo" la disabilità; in questi anni ormai è evidente la dirompenza della qualità della città per tutti negli interventi sull'accessibilità. Il PEBA è diventato in realtà una vera e propria Pianificazione per il Benessere Ambientale, che, guarda un po', ha il medesimo acronimo del piano originario.
Il PEBA diventa un motore per innovare i piani e i progetti preesistenti, incluso il regolamento edilizio secondo criteri omogenei, così da concorrere all’implementazione di un progetto di mappatura generale dell’accessibilità alla scala comunale.
“Ma, dice ancora l’arch. Barin, purtroppo c’è sempre un “ma”: attuare concretamente e continuativamente un PEBA è una responsabilità sulle spalle di tutta la comunità cittadina; è questione etica e morale verso noi stessi e verso chi vivrà la città con e dopo di noi. È, in definitiva, una questione culturale, e questo è uno dei principali motivi per cui il corso è stato concepito.”
La sommatoria delle lezioni compiute sin qui sarà valutata nell’integrazione con le risorse presenti su tutti i territori nell’ultimo incontro in programma per mercoledì 28 aprile 2021.